sabato, 14 Giugno 2025

XX Giornata nazionale malati oncologici: FAVO presenta il rapporto annuale

Nella Sala della Regina di Montecitorio FAVO, Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, ha illustrato il 17° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici

In Italia i cittadini che vivono dopo una diagnosi di tumore oggi sono 3,7 milioni: il 6,2% dell’intera popolazione (1 italiano su 16), come evidenziato in apertura della Giornata nazionale malati oncologici promossa da Favo.

Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi e almeno un paziente su quattro è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può ritenersi guarito.
Per rispondere ai nuovi bisogni delle persone colpite dal cancro, la svolta è rappresentata dalla legge di bilancio per il 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207), che sancisce in modo esplicito il principio della partecipazione delle organizzazioni dei pazienti alle funzioni strategiche del Servizio Sanitario Nazionale. La norma apre la strada al coinvolgimento strutturale e istituzionalizzato delle associazioni all’interno delle Reti Oncologiche Regionali (ROR), secondo il modello delineato da FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) insieme ad AGENAS.

Perché le Reti raggiungano in tutto il Paese una piena operatività e gli obiettivi previsti anche dal Piano Oncologico Nazionale (PON), sono indispensabili: la nomina e l’inizio dell’attività del Coordinamento generale delle Reti Oncologiche (CRO), come previsto dall’Intesa Stato-Regioni relativa al PON del 26 gennaio 2023; la definizione e la disponibilità di adeguate risorse necessarie per lo sviluppo e l’attività delle Reti Oncologiche; la condivisione di “una cultura e di una politica di Rete”, che si esplichi negli atti amministrativi e nella programmazione regionale; la messa in pratica effettiva della partecipazione delle associazioni dei pazienti.

Le richieste sono contenute nel 17° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi a Roma, sala Regina di Palazzo Montecitorio, nell’ambito della XX Giornata nazionale del malato oncologico, promossa da FAVO e dalle centinaia di associazioni federate.

Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO

“Con la legge di bilancio per il 2025, le organizzazioni dei pazienti e le loro federazioni diventano parte attiva del sistema sanitario . La scelta del legislatore è stata coraggiosa e le implicazioni di questa novità saranno dirompenti: i pazienti potranno finalmente partecipare ai principali processi decisionali in materia di salute individuati dal Ministro della Salute, nonché alle fasi di consultazione della Commissione scientifica ed economica dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Si tratta di una rivoluzione epocale. Non sarà più possibile progettare la sanità solo dalla prospettiva dell’offerta e dei professionisti. L’ordinamento ha finalmente riconosciuto il valore specifico di quegli enti che possono offrire un contributo insostituibile alla definizione delle politiche sanitarie.

“Queste conquiste si devono anche ai risultati ottenuti da FAVO per l’oncologia.
La presenza delle associazioni nelle Reti Oncologiche Regionali, infatti, grazie a FAVO, è ormai da anni un elemento riconosciuto come essenziale. Vogliamo continuare la nostra battaglia per il consolidamento delle Reti quale modello organizzativo capace di rispondere alle principali criticità dell’oncologia: inappropriatezza, tempi di attesa, disuguaglianze. Esistono ancora disomogeneità tra le Regioni e non tutte le Reti Oncologiche presentano lo stesso livello di coinvolgimento delle associazioni. Permangono anche difficoltà di natura burocratica, perché talvolta i processi di partecipazione sono complessi e poco accessibili alle associazioni più piccole”.

Favo nel Cro, Coordinamento generale delle Reti Oncologiche

FAVO è stata nominata dal Ministero della Salute componente del Coordinamento generale delle Reti Oncologiche (CRO), in rappresentanza delle associazioni dei pazienti. Il CRO assicura l’omogeneità di funzionamento delle Reti e facilita il loro aggiornamento periodico. Si tratta di un organo di indirizzo politico, di fondamentale importanza per il consolidamento del modello, che assegna al Ministero della Salute un ruolo di regista e consente a FAVO di rilevare le disuguaglianze territoriali e i deficit organizzativi, ma anche di promuovere le buone pratiche in un’ottica di condivisione. Per questo è fondamentale che l’attività del CRO parta quanto prima.

Come spiega Americo Cicchetti, Direttore Generale della Programmazione del Ministero della Salute.

la storia del cro

“Quasi un anno fa ho avuto l’onore di annunciare l’intesa raggiunta con le Regioni per l’istituzione del Coordinamento generale Reti Oncologiche (CRO), uno strumento fondamentale per irrobustire il percorso di programmazione delle reti oncologiche anche in attuazione del Piano Oncologico Nazionale. Il DM 10 giugno 2024 ha istituito il CRO e le Regioni hanno immediatamente colto la grande valenza dello strumento programmatorio tanto da richiederne un potenziamento prevedendo l’inserimento nel CRO di tutti i referenti delle reti oncologiche.

Dopo un (troppo) lungo percorso di revisione sono lieto di annunciare che il nuovo DM è stato adottato dal Ministro Schillaci il 10 aprile 2025 e che a brevissimo (dopo la registrazione presso la Corte dei conti attesa a giorni) potremo convocare la prima riunione.
“La composizione del CRO, quindi, vedrà al fianco del Ministero della Salute oltre all’AGENAS, l’ISS, l’AIFA, agli esperti nominati dal Ministro e ad un rappresentante delle associazioni già individuato nel Prof. Francesco De Lorenzo, anche i 21 referenti responsabili delle reti oncologiche regionali. Ci dotiamo di uno modello di condivisione inedito che unitamente allo sforzo di monitoraggio dell’AGENAS rappresenterà lo strumento per programmare e coordinare al meglio gli interventi in ambito oncologico ottimizzando l’uso delle risorse a beneficio dei pazienti, delle famiglie, degli operatori e dei ricercatori in tutto il Servizio Sanitario Nazionale”.

Nel 2010 in Italia, i cittadini che vivevano dopo una diagnosi di tumore erano 2,6 milioni. Questo numero è aumentato fino a 3,5 milioni nel 2020, a 3,7 milioni nel 2025 e, in base alle stime, sarà pari a 4 milioni nel 2030 (quasi il 7% della popolazione).

i mutati bisogni dei pazienti oncologici

“I bisogni dei pazienti oncologici, negli anni, sono in continuo cambiamento, dal punto di vista quantitativo e qualitativo” afferma Francesco Perrone, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica).

“Siamo passati da una fase quasi esclusivamente ospedaliera ad attività che interessano e si integrano con l’assistenza territoriale. Una nuova organizzazione più performante per l’oncologia è richiesta anche da valutazioni epidemiologiche, con l’aumento progressivo dei casi prevalenti, l’incremento dei pazienti cronici sottoposti frequentemente a nuove terapie orali a domicilio, dei pazienti anziani complessi con multi-patologie concomitanti e dei guariti. La Rete Oncologica Regionale è riconosciuta come il modello organizzativo più indicato per la presa in carico dei pazienti oncologici, così complessi e diversificati nei loro bisogni assistenziali. Inoltre, nella sua programmazione in risposta ai bisogni di presa in carico globale della persona colpita dal cancro e di garanzia di accesso agli appropriati percorsi di cura, rappresenta lo strumento più efficace per il governo e per il controllo della mobilità inter-regionale”.

le differenze regionali sottolineate da Favo

La spesa e il volume dei ricoveri in mobilità effettiva costituiscono una quota significativa per l’Italia, con un totale complessivo di 2 miliardi di euro nel 2022.

“Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, nel 2022, sono risultate le Regioni più attrattive, anche per le patologie oncologiche, assorbendo il 56% dei ricavi complessivi di mobilità attiva” spiega Carmine Pinto, Coordinatore della Rete Oncologica dell’Emilia-Romagna.

“Se si osserva l’indice di fuga, è più alto al Sud e questo valore diminuisce procedendo verso il Nord (Sud 13,36%; Centro 10,30%; Nord 8,85%). Uno degli elementi che può influenzare la mobilità è l’assenza di definite modalità di accesso del paziente oncologico al Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, a percorsi appropriati, che condividono in rete un processo assistenziale strutturato in tutte le sue fasi, dalla diagnosi e caratterizzazione fino alla fase terapeutica e di riabilitazione. Tutto questo individuando le sedi più adeguate per le specifiche prestazioni in termini di volumi e risorse professionali e tecnologiche richieste. Nel 2022, su un totale di circa due miliardi di euro scambiati in mobilità effettiva, più della metà ha riguardato Regioni confinanti. È indispensabile oggi, per permettere l’accesso a servizi di qualità ed in tempi adeguati, una migliore organizzazione e implementazione dei percorsi assistenziali, della gestione delle cronicità, dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Tutto questo è permesso e ottimizzato nelle Reti Oncologiche Regionali, che possono insieme migliorare la ‘performance’ del sistema sanitario nei singoli territori e ridurre di conseguenza anche la mobilità inter-regionale”.

l’iimportanza della collaborazione multidisciplinare

“La piena realizzazione delle Reti Oncologiche può migliorare anche l’appropriatezza e l’approccio multidisciplinare” sottolinea Massimo Di Maio, Presidente eletto AIOM.

“La collaborazione multidisciplinare consente una visione più completa delle opzioni terapeutiche disponibili, riducendo il rischio di trattamenti inappropriati o inefficaci. L’appropriatezza prescrittiva in oncologia è anche influenzata dalla disponibilità di linee guida cliniche aggiornate e da una formazione continua per i medici.

Da anni AIOM investe grandi risorse nella stesura e nell’aggiornamento di linee guida sui principali tumori, che sono il frutto della collaborazione dei clinici di tutte le discipline che fanno parte integrante dei team multidisciplinari e di altre figure come pazienti, psicologi, infermieri. È essenziale che gli oncologi non solo abbiano accesso a informazioni aggiornate e a linee guida valide, ma che siano anche in grado di comprendere sempre meglio la risposta individuale dei pazienti alle terapie, anche grazie alla ricerca post-registrativa e alla raccolta di dati di real world, contribuendo alla valorizzazione dell’impatto economico dei trattamenti e, di conseguenza, alla sostenibilità del servizio sanitario”.

la fondazione sico

Nel 2024 è nata la Fondazione SICO per la formazione in chirurgia oncologica, con lo scopo di promuovere una nuova generazione di chirurghe e chirurghi altamente qualificati.

Gaya Spolverato, membro del CdA della Fondazione SICO per la formazione in chirurgia oncologica e Direttrice del Programma di Fellowship, sottolinea il motivo per cui è nata la Fondazione. “La mancanza di un percorso formativo in Italia ed in Europa dedicato alla chirurgia oncologica rappresenta un rischio significativo per molti pazienti, la nostra missione è colmare questo gap formativo e garantire che ogni paziente abbia accesso alle terapie più avanzate e innovative”.

La Fondazione SICO, attraverso il programma della Fellowship, ha creato un percorso d’eccellenza in chirurgia oncologica, della durata di due anni. Continua la professoressa Spolverato: “Vogliamo creare una rete nazionale di specialisti in chirurgia oncologica grazie anche alla collaborazione con i principali centri di eccellenza presenti sul territorio”.
I bandi sono aperti a professionisti con specializzazione in Chirurgia Generale conseguita presso un Ateneo italiano, con curriculum scientifico e clinico in area Chirurgica Oncologica, e che non abbiano superato i 45 anni di età. “Solo investendo nella formazione possiamo sperare di vedere progressi tangibili nella cura del paziente oncologico e nella qualità della sua vita”.

la Nuova Era dell’HTA

“In questa ‘Nuova Era dell’HTA’, il coinvolgimento delle rappresentanze civiche nei processi di Governance Clinica assume certamente un ruolo centrale” spiega Giandomenico Nollo, Presidente SIHTA (Società Italiana di Health Technology Assessment).

Il quadro normativo nazionale, in linea con il regolamento europeo per la HTA, prevede infatti l’obbligatorietà della consultazione delle associazioni dei pazienti nei processi decisionali, garantendo che le voci dei pazienti siano così opportunamente ascoltate e integrate nelle valutazioni. AGENAS ha attivato una rete di portatori di interesse, inclusa la rappresentanza civica e dei pazienti, per garantire un coinvolgimento strutturato e continuo nel Programma Nazionale di Health Technology Assessment (PNHTA). Il coinvolgimento dei pazienti nell’HTA non si limita a democratizzare il processo decisionale sanitario, ma garantisce anche valutazioni più eque, rilevanti e sostenibili apportando così un contributo significativo all’innovazione nei sistemi sanitari europei.

Per concretizzare e rendere efficace questa rilevante innovazione di sistema, è imperativo investire nella formazione specifica delle associazioni di pazienti, offrendo un adeguato supporto formativo e compensi per il tempo prezioso che dedicano a questa causa. A tal fine il prossimo Congresso SIHTA, ‘La Nuova Era della HTA’ (Roma 18-20 novembre), offrirà workshop e sessioni formative al tema della partecipazione delle rappresentanze dei pazienti ai processi di governance e di sviluppo dei report di HTA”.

la legge di bilancio 2025

“La legge di bilancio per il 2025″ evidenzia Elisabetta Iannelli, Segretario FAVO, “rilanciando il principio della partecipazione, individua uno spazio di intervento non in favore della generalità degli enti del non profit, ma circoscritto a categorie ben definite: le associazioni di pazienti, i gruppi da esse costituiti e le relative federazioni.

La prossimità quotidiana con i malati, con le loro famiglie e con i caregiver consente a queste realtà di monitorare e valutare, direttamente nei contesti di cura, l’efficacia complessiva degli interventi sanitari e assistenziali, anche attraverso parametri non clinici. Tra questi, assumono rilievo particolare la qualità della vita, le dimensioni sociali della malattia e le condizioni materiali ed emotive che accompagnano il percorso di guarigione.
L’oncologia è uno degli ambiti clinici in cui l’associazionismo ha raggiunto un elevato grado di competenza progettuale, consolidando un ruolo attivo e riconosciuto nei processi decisionali. Grazie al lavoro svolto da FAVO e al dialogo costante con AGENAS e con il Ministero della Salute, le associazioni si sono affermate come interlocutori preparati e affidabili nei processi di governance del sistema”.

l’istituzionalizzazione delle associazioni

FAVO, in collaborazione con AGENAS, ha predisposto un documento, attualmente in fase di revisione finale per l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni, che delinea un processo di “istituzionalizzazione” delle associazioni di pazienti per favorirne una partecipazione trasparente e realmente capace di incidere sull’efficienza e l’efficacia delle Reti Oncologiche Regionali.

“Il modello costruito da FAVO insieme ad AGENAS può diventare una best practice per l’intero Servizio Sanitario Nazionale, a condizione che venga adottato con coerenza e adattato adeguatamente ad altri contesti clinici e organizzativi” conclude Francesco De Lorenzo.
“Il modello pensato per le ROR può essere esteso a esempio generale per l’attuazione del principio di partecipazione, confermando che l’oncologia è un laboratorio permanente di idee e visioni a favore dell’intero sistema. Terminato l’iter di approvazione del documento redatto con AGENAS, lo sforzo di FAVO, che oggi è rete associativa, sarà indirizzato alla preparazione delle associazioni e dei loro rappresentanti. Il volontariato oncologico oggi occupa a pieno titolo un posto ‘nella stanza dei bottoni’.

Si tratta di una sfida cruciale, che può essere vinta solo potendo contare su un impegno continuativo per la qualificazione delle competenze. Allo sforzo di FAVO, però, dovrà corrispondere l’impegno delle Reti per informare e formare i rappresentanti delle associazioni sulle questioni che saranno sottoposte alla loro attenzione e valutazione. Gli enti del Servizio Sanitario dovranno, cioè, realmente agevolare la partecipazione del volontariato, nell’ottica di trarne un concreto beneficio”.

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