Svimez, crisi energetica: al Sud l’impatto maggiore

Gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia non sono uguali su tutto il territorio.
Le imprese meridionali sono maggiormente esposte allo shock energetico, a causa del maggiore fabbisogno energetico dell’industria del Sud rispetto al resto della penisola.

Lo evidenza un’analisi di Svimez, condotta da Serenella Caravella, Carmelo Petraglia e Stefano Prezioso: alle imprese industriali sull’intero territorio la bolletta, per via dell’aumento dei prezzi di energia elettrica, costa annualmente 42,9 miliardi di euro. Di questa cifra, il 20% – pari a 8,2 miliardi – fa capo ai sistemi produttivi del Sud “il cui contributo in termini di valore aggiunto sul totale del comparto industriale italiano è tuttavia inferiore al 10%”. Il tessuto economico del Sud è quindi maggiormente penalizzato.

settori energy intensive, imprese piccole e costi di trasporto i fattori alla base del problema

In base allo studio, tra i fattori che alla base vi è il peso maggiore di settori energy-intensive, alla presenza di tante imprese di piccola dimensione che producono meno ma hanno un’alta incidenza dei costi dell’energia. Un altro fardello che pesa nei bilanci delle aziende del Sud è costituito dai costi di trasporto sull’intero sistema produttivo che sono di gran lunga più alti rispetto al resto della penisola. La mancanza di connessioni, la maggiore distanza dai maggiori mercati di sbocco e approvvigionamento delle merci “fa sì che l’impatto di tale canale, indiretto, sia non trascurabile per la rilevanza che gli incrementi nei costi energetici hanno su questa componente dei costi totali”.

Nelle regioni del Sud ad eccezione delle isole, l’incidenze dei costi energetici dal 2019 al 2022 è aumentata di 8 volte (da 1,2% a 8%), il doppio rispetto al Nord-Est (da 0,7% a 4,8%), e in misura ancor maggiore rispetto a Nord-Ovest (da 0,6 a 3,6%), Isole (da 0,5 a 3,1%) e Centro (da 0,4 a 2,6%).

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