Sanità in emergenza Covid 19, il nodo dei contenziosi

La crisi ripropone la necessità di una normativa di settore organica a fronte di controversie giudiziarie e speculazioni in cui il medico viene lasciato solo dalle strutture ed è bravo se riesce a coprirsi le spalle


Tra gli operatori sanitari e gli addetti ai lavori era nell’aria ma sempre più concreto il timore che in epoca di emergenza sanitaria Covid il sistema, già degenerato, rischiasse l’implosione. Oramai da decenni l’esercizio della professione medica, lungamente considerata professione altamente qualificata e socialmente protetta, si è modellata su criteri contrattualistici. In sostanza la prestazione sanitaria verso la collettività da sempre eccellente nel fornire e garantire il diritto alla salute a tutti, è scivolata verso schemi di prestazione versus corrispettivo, svuotandosi progressivamente del carattere di pubblico essenziale servizio. Ovviamente il rapporto con l’operatore sanitario si è stravolto: non più inserito in sacca socialmente protetta ma esecutore di prestazione sotto riflettori amplificati, censurata per natura qualità e quantità: tutto nella convinzione del fruitore (il paziente), ingenerata anche in mala fede, che ad ogni attività che non fosse espressione di desiderata e/o auspicata potesse derivare un pregiudizio degno di ristoro.

un moltiplicatore di contenziosi

Si è assistito per anni ad un moltiplicatore di contenzioso, spesso privo di elementi probatori ma in ogni caso sufficiente a creare un fumus processuale su cui costruire finanche attività cautelari sul patrimonio dell’operatore. Neanche le forme di copertura assicurativa imposte hanno avuto valenza effettiva di tutela, aggravando soltanto i contenziosi e moltiplicandone conseguenze ed effetti a catena. In buona sostanza l’esercizio dell’attività professionale ha mutato ragione: l’ossequio dogmatico al Giuramento di Ippocrate ha sterzato verso forme di autodifesa. Il medico più bravo non è più quello che corre al soccorso del paziente ma quello che ottiene consenso informato più sottile, che meglio e prima di altri completa cartelle, che al momento lucidamente si sottrae da un’attività potenzialmente dannosa. In poche parole il medico più bravo è quello che si copre le spalle, denegando se stesso verso una medicina difensiva che in buona sostanza non rende servigi ed onori a nessuno.

strutture piegate a logiche di mercato

A tanto spinto anche da una struttura di appartenenza che sempre più piegata a logiche di mercato, alla bisogna non ha esitato a rivendicare estraneità ai contenziosi ed autonomia dal suo operatore, spesso operando rivalse non solo risarcitorie ma anche contabili. Il tutto svilito da contenziosi in cui ritenendo il rapporto medico/paziente prestazione di natura contrattuale, l’onere probatorio pieno dell’accadimento esulante da responsabilità risarcibili ricadeva in pieno sull’operatore. Bastava in buona sostanza il fumus alligatorio, da parte del soggetto richiedente, di una prestazione offerta in maniera non rispondente (a canoni informati, a criteri ragionevoli, a rimedi di cura migliorativi o ritenuti tali) perché si scatenasse un contenzioso complesso, rimesso troppo spesso ad accertamenti peritali acquisitivi di convincimento, nullamente surrogatori di vacuum istruttorio.

In buona sostanza per anni si è assistito, nonostante la complessità del contenzioso richiedesse la previa accurata valutazione delle condizioni tutte dell’azione, ad una esemplificazione processuale liquidata ad un accertamento peritale, troppo spesso subitaneo, della sola etiologia evento/danno.

le attese della legge Gelli – Bianco

Si è sperato così in un assetto organico con la legge Gelli – Bianco n. 24/17; la struttura sanitaria ha subito impronta aziendalistica nella valutazione e circoscrizione gestoria del rischio, dotando i suoi dirigenti sanitari di caratteristiche manageriali anche nella elaborazione recettiva ed esecutiva delle cd. linee guida nel cui ambito esercitare. Tali criteri avrebbero avuto controllo attraverso la creazione di un osservatorio che, monitorando natura quantità e qualità dei contenziosi, individuasse misure di gestione e prevenzione dei rischi sanitari con determinazione delle misure stesse, sinergiche con le linee guida. Ciò al fine ovvio di circoscrivere i contenziosi.

A latere, invece, anziché attendere i dati fruibili dell’osservatorio (mai operativo) su cui giocoforza modellare an responsabile ed argini processuali, la norma ne ha fornito accelerazione con definizione degli alvei contrattuali di responsabilità dell’azienda ed in primis extracontrattuali dell’operatore, con duplicazione dei termini di prescrizione dell’azione ed evidenti agevolazioni probatorie sul richiedente. In concreto poi si è prevista, pur configurandola quale procedibilità ad un pieno cognitorio, forse per prevenire o scoraggiare frotte di temerari contenziosi, la possibilità di processi civili di natura mista tra l’accertamento tecnico prima facie e la definizione pro bono. Questo meccanismo in realtà ha fornito accelerazione di probatione del solo fatto medico dannoso e della sua etiologia con la conseguenza di una determinazione contenziosa del quantum oramai agevolata che di fatto ha bypassato un pieno accertamento dell’an.

l’emergenza covid 19 e i canali di speculazione

Facile pensare allora che, a fronte di contenziosi più rapidi che offrissero strade di possibili definizioni pro bono, sull’onda emotiva dell’emergenza Covid 19 si aprissero facili canali di speculazione sulla tragedia, soprattutto liddove non esistono allo stato i criteri di esercizio e gestione del rischio sanitario sull’emergenza nell’ambito di linee guida (ancora ignote). Ad onta di ciò, possibilità di norme salvifiche ad hoc, di stesura frettolosa quanto improbabile che rischiano nella estrema genericità della necessità di salvaguardia dell’operato sanitario di creare scappatoie di genere o viceversa responsabilità di ulteriore tipizzazione. Di certo non aiuta la configurazione di responsabilità ex art. 2043 cc sussunta in prima battuta a carico dell’operatore chiamato a gestire l’emergenza.

Da ciò la necessità di un freno rigoroso con una normativa di settore organica che non si presti ad ampliare figure di mercato. Provando ad esempio ad incidere sul contenzioso, snellendone la fase preliminare in forme non oscillanti tra l’accertamento e la conciliazione, ma invero modellate su schemi ad esempio desunti dal processo arbitrale con oneri probatori rigidi, tempi ed ambiti definiti, in cui la partecipazione del consorte contrattuale (sia esso azienda o assicurazione) coadiuvi da coobbligato e non ostacoli il risultato rimanendone giocoforza impigliato.

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