Istat, Sud: 67,4% Comuni ha accesso limitato ai servizi

“La geografia delle aree interne nel 2020 – vasti territori tra potenzialità e debolezze”, questo il titolo del focus prodotto dall’Istat nel quale si rileva che il 48,5% dei nostri comuni si connota per un’organizzazione spaziale fondata su centri minori, che sono in grado di garantire ai residenti soltanto una limitata accessibilità ai servizi essenziali. Le specificità di questi territori viene descritta dal documento con l’espressione “Aree Interne”.

Il focus contiene un aggiornamento della Mappa rispetto a quella del 2014, dando conto della presenza dei servizi a fine 2019, e dalla quale emerge che la maggior parte di queste Aree interne si trova al Sud e in zone montuose.

Come spiegato dall’Istat, la Mappa delle Aree Interne guarda all’intero territorio nazionale concentrandosi a livello comunale e identifica i Comuni un’offerta congiunta di tre tipologie di servizio: salute, istruzione e mobilità. Questi sono denominati Poli/Poli intercomunali.

La Mappa rappresenta anche tutti gli altri Comuni in base alla loro distanza da questi Poli (in termini di tempi medi effettivi di percorrenza stradale), classificandoli in quattro fasce a crescente distanza relativa – Cintura, Intermedi, Periferici, Ultraperiferici – e, quindi, con un potenziale maggior disagio nella fruizione di servizi. Sono questi ultimi Comuni a rappresentare le Aree Interne del nostro Paese.

Tra le così dette Aree Interne, quindi con riferimento ai cluster più svantaggiati, prevalgono i comuni delle regioni del Mezzogiorno con un totale di 1718, circa il 67,4%. Significative a questo proposito le incidenze in Basilicata, Sicilia, Molise e Sardegna. Se guardiamo al totale nazionale, le aree interne del Mezzogiorno rappresentano il 44,8% del Paese.

La distribuzione dei Comuni appartenenti alla categoria più svantaggiata appare anch’essa squilibrata sul territorio: nel Mezzogiorno sono localizzati 229 Comuni (59,9%) su un totale di 382. Rilevanti sono le incidenze di Comuni Ultraperiferici in Sardegna (13,5%), Basilicata (33,6%) e Abruzzo (10,8%).

Dall’analisi delle caratteristiche fisiche dei Comuni emerge che si tratta di aree prevalentemente montuose (1.874 Comuni, pari al 48,9% del totale), concentrate soprattutto sull’arco alpino, sull’Appennino tosco-emiliano e in alcune aree centrali della Sicilia e della Sardegna.

Tra le regioni del Mezzogiorno, Campania e Calabria presentano un numero rilevante di Comuni montani in Aree interne, 105 e 106 rispettivamente. Nelle aree collinari sono invece presenti 1.625 Comuni delle Aree interne (42,4%), con significative presenze in Sardegna (218 Comuni), Sicilia (198 Comuni) e Campania (173).

Il report inoltre sottolinea come, nel lungo periodo, la dinamica della popolazione nelle Aree Interne, con i suoi effetti sullo spopolamento dei Comuni più marginali e isolati, sia uno degli elementi che ha contribuito ad avviare l’apposita Strategia Nazionale delle Aree Interne (SNAI), ovvero la politica nazionale di sviluppo e coesione territoriale che mira a contrastare la marginalizzazione e i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese.

A fronte di una dinamica demografica positiva su base nazionale tra il 2001 e il 2020 (+3,9%), le Aree Interne hanno complessivamente perso popolazione (-1,4%). Questo decremento è particolarmente rilevante perché sono proprio i Comuni più marginali delle Aree Interne (Periferici e Ultraperiferici) ad aver subito i cali maggiori (rispettivamente -4,7% e -9,1%).

Le persone tendono dunque ad abbandonare le Aree Interne per avvicinarsi sempre più a Comuni in grado di offrire maggiori servizi. In questo contesto risulta evidente la necessità di implementare politiche di contrasto a questi fenomeni che interessano una così larga parte del territorio italiano.

In alcuni casi le dinamiche di spopolamento assumono una connotazione ancora più rilevante. I primi cento Comuni delle Aree Interne con il maggior calo di popolazione dal 2001 al 2020 hanno registrato un -40,9%. Il 66% di tali Comuni è localizzato nelle regioni meridionali, in particolare in Abruzzo (15%) e Calabria (26%). Anche Comuni che erano già molto piccoli hanno visto più che dimezzata la propria popolazione dal 2001 al 2020, come Roccaforte del Greco in Calabria, la cui popolazione è passata da 802 a 387 residenti.

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