venerdì, 23 Maggio 2025

L’ora del Mediterraneo del Sud

Il divario tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia cresce paradossalmente mentre energia, commerci e cultura si spostano tutti verso Sud. Come capitalizzare un ruolo strategico? Tre idee

Secondo gli ultimi dati disponibili il PIL del Mezzogiorno nel 2022 è cresciuto del 2,9%. Ottime notizie, poiché questa rilevazione evidenzia due fattori positivi: conferma la ripresa economica dopo la pandemia, mette in luce una certa resilienza della macroregione nel fronteggiare le conseguenze legate allo scoppio della guerra in Ucraina. D’altro canto, il divario tra il Mezzogiorno e il resto del paese continua a crescere. Tutto sembra pronto per un nuovo capitolo di una vecchia storia: non si diventa ricchi al Sud che, oltre ad essere un luogo di crescente marginalizzazione sociale e di povertà diventa, nell’immaginario collettivo, un luogo di arretratezza irredimibile rafforzando una concezione del Mezzogiorno diventata parte della narrazione nazionale, quanto la pizza e l’alta moda. Se però dal sud Italia ampliamo il nostro sguardo al sud del Mediterraneo la prospettiva può mutare. Nel 2022 il Nord Africa (regione maggiormente colpita dalle conseguenze economiche della guerra in Ucraina) il PIL è cresciuto del 4,4%, in Africa subsahariana invece del 3,8%.

In questo contesto, il Mezzogiorno d’Italia rappresenta idealmente una linea di faglia, una frontiera in senso geopolitico tra un sud mondiale, lanciato lungo una dinamica di crescita strutturale, e un sud Italia avviato verso un trend diametralmente opposto. In questo senso, a livello concettuale, Roma dovrebbe chiedersi non tanto come agganciare il sud Italia ai trend di crescita europei, quanto come fare del Mezzogiorno una zona strategica per agganciare le dinamiche di sviluppo in atto a sud del Mediterraneo. In termini semplici, la situazione è grave ma paradossalmente mai momento è stato più propizio per un rilancio di questo pezzo d’Italia. Visto storicamente come una zona strategicamente poco rilevante (troppo vicino all’Africa e troppo lontano dall’Europa), la geografia fa del Sud Italia l’area geopolitica in cui si disputeranno partite importante per lo sviluppo futuro dell’Italia in quanto potenza europea indipendente. Questo procedimento che è già in atto è evidente in almeno tre campi.

In primo luogo, l’energia. La guerra in Ucraina, con le relative sanzioni alla Russia, ha aperto ufficialmente la corsa al Sud energetico (sebbene questo processo fosse in parte già in atto) e chiuso quella ad est. I carri armati russi sono entrati in Ucraina trovando un’Italia dipendente da Mosca per quasi il 40% del suo fabbisogno di gas, quando se ne andranno (si spera il prima possibile) lasceranno un paese fortemente legato ai mercati nordafricani (Algeria, Libia ed Egitto per citare i più noti) per il proprio approvvigionamento energetico. Una tendenza che riguarda l’intera Europa come dimostrano, ad esempio, i recenti accordi tra Germania e Senegal per il gas e come ribadito recentemente anche dal Commissario Europeo per gli Affari Economici e Monetari, Paolo Gentiloni, in occasione del suo intervento al forum del South Innovation organizzato da Entopan lo scorso giugno. Secondo poi, i flussi commerciali. La crescita delle economie asiatiche ha rimesso in luce il ruolo del Mediterraneo come “Medioceano”, cioè come mare di collegamento tra i due grandi oceani (Atlantico e Pacifico). Il Mezzogiorno italiano si trova così al centro di un’area di crescente importanza strategica, agendo contemporaneamente come ponte tra oriente ed occidente e cerniera tra nord e sud, tra economie sviluppate e i nuovi mercati emergenti. Il terzo, fattore è quella del capitale umano. Negli ultimi tre anni un senegalese (Mohamed Mbougar Sarr) e un tanzaniano di Zanzibar (Abdulrazakh Gurnah) hanno vinto rispettivamente il premio Gouncourt e il premio Nobel per la Letteratura. La biennale di architettura attualmente in corso a Venezia è completamente dedicata all’architettura africana, sotto la direzione della ghanese Lesley Lokko. Infine, nel 2022 il burkinabé Francis Kerè ha vinto il premio Pritzker considerato come l’equivalente del premio Nobel nel campo dell’architettura. Questa lista (tagliata per brevità) evidenzia come le eccellenze del sud del Mediterraneo stanno plasmando il mondo in cui viviamo e che le vette del capitale umano e creativo del futuro stanno traslando a sud dell’equatore, sempre più vicine al nostro Mezzogiorno.

La combinazione di questi fattori favorevoli a livello internazionale non produrrà alcun tipo di beneficio se non accompagnata da una serie di iniziative finalizzate a capitalizzare su queste. In primo luogo, il divario infrastrutturale rispetto al resto d’Italia resta ampio a causa di un’incapacità di spesa delle amministrazioni locali, così come per una sottovalutazione delle opportunità strategiche offerte dalla regione del Mediterraneo. Su questo punto è importante ricordare come il miglioramento delle infrastrutture meridionali non vada pensato solo in virtù dello spostamento delle persone, ma anche e soprattutto delle merci. Il Mezzogiorno d’Italia è ad oggi il pezzo di Mediterraneo che sfrutta meno e peggio di tutti gli snodi portuali che la geografia invece rende potenzialmente redditizi. In termini semplici, per crescere servono i porti e il potenziamento delle infrastrutture e della rete portuale del sud deve diventare centrale anche per le amministrazioni locali.

I parametri macroeconomici preoccupanti sul Meridione d’Italia rimettono poi al centro del dibattito pubblico un tema spesso sottovalutato o rimosso: quello della deindustrializzazione. La progressiva chiusura delle fabbriche (fenomeno che ha colpito tutto il paese) è stata particolarmente enunciata al Mezzogiorno generando una maggiore crisi occupazionale e un aumento dei flussi migratori. In un contesto come quello dell’economia globale contemporanea, i processi di rilocalizzazione e la necessità di accorciare le cosiddette “catene del valore” costituiscono un’occasione storica per reindustrializzare il Sud cercando così di invertire gli squilibri demografici e i processi d’impoverimento ed esclusione sociale accentuati dalla deindustrializzazione. In questo contesto, il processo di transizione ecologica e la cosiddetta quarta rivoluzione industriale (quella del digitale) sono i settori su cui puntare. Volontà e potenziale sono già presenti in loco come dimostrano i dati sulle Startup recentemente diffusi dal Sole 24 Ore che evidenziano come la terza regione per numero di nuove imprese sia la Campania. Voglia di fare impresa e potenziale sono già ma per restare e crescere al Sud servono anche le industrie.  Terzo e ultimo fattore è quello del capitale umano. Il Mezzogiorno d‘Italia vanta una delle diaspore più diffuse al mondo, una gioventù sempre più istruita e crescentemente specializzata in alcuni dei settori più promettenti per lo sviluppo dell’economia globale dei prossimi anni. Tuttavia, questo potenziale, al Sud come nel resto del paese, resta troppe volte inespresso. Gli ultimi dati della Commissione Europea sul mercato del lavoro nell’Unione mostrano come il 67% della forza lavoro in Italia sia sovra qualificata rispetto alle mansioni che svolge. In questo senso è quindi opportuno rimettere il modello di sviluppo della macroregione al servizio delle capacità sul territorio prim’ancora che cercare di piegare quest’ultime a una strategia economica induttiva.

Il divario con il resto d’Italia cresce paradossalmente mentre energia, commerci e cultura si spostano tutti verso Sud. Il Mezzogiorno è ad oggi la zona più strategica d’Italia. Come capitalizzare sulla crescita del Mediterraneo? Tre idee

Luciano Pollichieni
Luciano Pollichieni
Analista per la Fondazione Med-Or e collaboratore di Limes

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