La Tv di Stato pagata dai contribuenti lo “avverte” di non compiere atti contrari al suo dovere, tipo dire quello che pensa o difendere la sua trasmissione in altri programmi
Chissenefrega, diranno in molti. Chissenefrega se i vertici Rai hanno inviato una lettera che sa di “avvertimento” a Sigfrido Ranucci, specificando poi che (per loro) non è provvedimento disciplinare. Ma a noi frega, e tanto invece. Perché c’è un’asticella che in Italia qualcuno supera troppo spesso e da troppo tempo ormai. L’asticella delle libertà e delle garanzie che per i nuovi governanti pare un optional.
Partendo dalle leggi bavaglio, pasando dalla raffica di querele e richieste di risarcimento milionarie ai cronisti e ai direttori, poi sorvolando sui giornalisti spiati attraverso il software spia Paragon acquistato dal governo italiano, ora cercano di spazzare via quei format che funzionano e, per fortuna, al momento escono dai cliché di banalità e informazione allineata targata Rai.
E lo fanno in nome del popolo italiano, utilizzando fondi pubblici e poteri che gli elettori hanno delegato nelle forme previste dalla Costituzione. Prima hanno tagliuzzato alcune puntate di Report dal palinsesto (quattro), poi hanno avvisato Ranucci di stare al suo posto e di non fare troppo rumore.
Veniamo ai fatti.
Cosa scrive Ranucci sul suo profilo Facebook
“DOPO 27 ANNI DI RAI HO VINTO UN PROCEDIMENTO DISCIPLINARE”. Inizia così il posto di Sigfrido ranucci su Facebook. “Ieri sono stato convocato dal mio direttore Paolo Corsini, pensavo che mi rassicurasse sul fatto che le puntate di Report non verranno tagliate e che i compensi della mia squadra fossero salvi, anche solo per gratitudine per la qualità del lavoro svolto. Pensavo anche che mi avesse convocato per dire bravo a me e la squadra visto che ieri è uscito l’indice Qualitel, il sondaggio che la Rai è obbligata a fare in ottemperanza del contratto di servizio pubblico, e dove risulta che Report è il programma d’informazione più gradito. Invece no”.
“Era semplicemente un provvedimento disciplinare a firma dell’Ad Giampaolo Rossi, e del direttore delle Risorse Umane, Felice Ventura“, prosegue il conduttore di Report. “Mi accusano di aver partecipato alla trasmissione della Gruber il 6 maggio, senza essere stato autorizzato. Fatto non vero perché ero stato autorizzato dallo stesso Corsini telefonicamente per lanciare la seconda parte della stagione di Report. Poi di aver presentato il mio libro a #Mestre, e di aver rilasciato un’intervista dove parlavo della minore libertà di stampa in Italia e del fatto che la gente si informava di meno. Non si riferiva alla Rai ma al mio libro La Scelta edito da Bompiani“.
“Poi mi si accusa – scrive ancora Ranucci – di aver partecipato con una telefonata a Piazza Pulita per difendere Report e il collega Giorgo Mottola dalle accuse di manipolazione. Se devo prendermi un provvedimento per aver promosso e difeso la squadra e un marchio storico della Rai come Report, tutelato la libertà di stampa, lo accetto con orgoglio. Oltretutto arriva dopo le interrogazioni di Fi sull’inchiesta su Mori e la commissione Antimafia, e la denuncia di Fazzolari per la puntata su Mediobanca. USIGRai LIBERA INFORMAZIONE FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana“.
Ranucci, la precisazione della Rai

“In relazione alla notizia che il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, sarebbe stato sanzionato per aver partecipato a un programma su La7 e per aver rilasciato dichiarazioni ed interviste, Rai precisa che non è stata fatta alcuna contestazione disciplinare nei suoi confronti”. È quanto si legge in una nota della Rai.
“Al vicedirettore ad personam Ranucci sono state semplicemente ricordate le vigenti regole aziendali in materia di rapporti con gli organi d’informazione e quelle più specifiche che riguardano i giornalisti – prosegue la nota -. Regole che, si ricorda, valgono per tutti i dipendenti e collaboratori Rai, nessuno escluso. Nella lettera, il vicedirettore ad personam Ranucci è stato invitato in futuro a porre maggiore attenzione all’osservanza delle normative aziendali”.
Non è dato sapere, aggiungo, se tra tutti i giornalisti “ad personam” o “ad hominem” che non possono presentare libri, esprimere la propria opinioni o partecipare ad altre trasmissioni vi siano anche Bruno Vespa e i conduttori o cronisti di solido verbo meloniano.
Caso Ranucci, il web esplode: “Giù le mani da Report”
Quanto accaduto ha scatenato migliaia di commenti da parte degli utenti del web, molti dei quali si sono schierati proprio a favore del conduttore. “Giù le mani da Report!“, si legge nei commenti al di sotto del post pubblicato da Sigfrido Ranucci. Oppure: “Caro Sigfrido non oso immaginare le pressioni cui tu sia soggetto ed il coraggio che ponete per fare il vostro lavoro“, “In Italia le voci libere fanno paura, hanno bisogno del silenzio per governare“, “Siamo con te, con Report e con la verità. Forza Sigfrido!“, “Porta il tuo programma ed il tuo team da un’altra emittente. Non vi meritano“, “Sto con Ranucci. Se in Rai si invia una lettera di tale tenore a chi fa bene il proprio lavoro e difende la libertà d’informazione, allora c’è evidentemente qualcosa che non va“.
Il commento di Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana
“Il Contratto di Servizio impegna la Rai a “valorizzare la sua tradizione del giornalismo di inchiesta”. E il vertice di Viale Mazzini cosa fa?
Riduce le puntate. Impone un cambio dei redattori. E ora ammonisce anche Sigfrido Ranucci per aver presentato il suo libro e aver difeso su una tv concorrente il lavoro della sua redazione”. Lo scrive Vittorio Di Trapan, presidente della Fnsi. “Cioè ha fatto quello che avrebbe dovuto fare la Rai quando ministri parlavano di giornalisti “nemici”, quando il Presidente del Senato definiva Report “calunniatori seriali”, quando un intero partito – quello della Presidente del Consiglio – denunciava la trasmissione curata da Ranucci. Ora quei silenzi parlano chiaro. Anzi, urlano tutto il fastidio per il giornalismo di inchiesta”.
L’opposizione non tocca palla, la maggioranza censura e imbavaglia
Vi risparmio le prese di posizioni politiche perché, purtroppo, l’opposizione in Italia non tocca palla. Si limita a urlare al pericolo fascista quando un centinaio di teste rasate fa il saluto romano. Agita lo spettro dell’autoritarismo quando uno dei tanti dilettanti al potere fa una gaffe tipo fermare un treno sotto casa. Ma quando la maggioranza meloniansalviniana smantella la Giustizia, mette il bavaglio all’informazione o restringe i diritti, resta tiepida e allineata. Il giornalismo d’inchiesta, in fondo, fa male a tutti. Ma se Ranucci o qualunque giornalista sbaglia ci sono le leggi sulla stampa e sulla diffamazione che tutelano cittadini e politici. Loro lo sanno: la verità è che è la libertà di pensiero, qualunque esso sia, a essere scomoda.
Ma la domanda è: gli italiani si rendono conto che una volta smantellata l’informazione, una volta realizzata una giustizia forte con i poveracci e annacquata per i ricchi, una volta silenziate le voci libere, poi l’Italia come l’abbiamo amata e conosciuta non ci sarà più? La risposta che mi spaventa è sì: se ne rendono conto, ma gliene frega poco o nulla. Come il diritto-dovere di voto, anche la libertà di informare e essere informati è un noioso orpello.
Benvenuti nell’altra Italia, quella fatta per chi può.