Per oltre vent’anni il confronto si è sviluppato su un piano non convenzionale: assassinii mirati, operazioni coperte, sabotaggi, cyberattacchi e campagne di disinformazione. Rising Lion rappresenta un cambio di rotta
Israele-Iran: per oltre vent’anni, il confronto si è sviluppato principalmente su un piano non convenzionale. Assassinii mirati, operazioni coperte, sabotaggi, cyberattacchi e campagne di disinformazione hanno costituito le principali direttrici della guerra ombra condotta da Israele per contenere lo sviluppo del programma nucleare iraniano.
Nonostante l’efficacia tattica di alcune operazioni, Teheran continua a coltivare le proprie milizie proxy ed a raffinare le proprie capacità di arricchimento, mantenendo una significativa riserva di uranio altamente arricchito e ostacolando l’accesso degli ispettori dell’AIEA. In questo contesto, la strategia israeliana della “deterrenza attiva” si è articolata attraverso un’escalation culminata nell’operazione Rising Lion e nell’azione di rappresaglia iraniana.
Israele-Iran:l’apparato d’intelligence e la dottrina della deterrenza attiva
La struttura d’intelligence israeliana si articola in tre agenzie principali: Aman (intelligence militare), Shin Bet (sicurezza interna) e Mossad (operazioni esterne). Dal 2002, il Mossad ha adottato un’impostazione offensiva rivolta a impedire la proliferazione nucleare iraniana, colpendo infrastrutture, rallentando le collaborazioni esterne di Teheran e influenzando le agende diplomatiche occidentali. La cooperazione con la CIA – particolarmente stretta durante i mandati Cohen-Pompeo – ha amplificato l’efficacia delle operazioni. Secondo fonti israeliane, circa il 50% delle capacità operative di Mossad e Aman è oggi dedicato al dossier iraniano.
Metodi e capacità: Humint, assassinii, sabotaggi
L’Humint rimane al centro delle attività operative. Il Mossad ha reclutato personale all’interno del regime e nelle sue periferie – compresi membri dei Pasdaran e appartenenti a minoranze etniche, come arabi iraniani e baluci – sfruttando contatti all’estero e in missioni ufficiali. Parallelamente, Israele ha portato avanti campagne di eliminazione mirata di figure chiave del programma nucleare e militare di Teheran: da Mohsen Fakhrizadeh, ucciso nel 2020 tramite un sistema d’arma remoto, alla recente eliminazione di Hassan Nasrallah a Beirut.
La sinergia tra le varie conduzioni delle attività di intelligence ha consentito operazioni di elevata precisione, come l’attacco alle infrastrutture di Hezbollah nel settembre 2024 e l’impiego dei cercapersone come strumenti letali.
L’impiego di cercapersone trasformati in ordigni esplosivi contro membri di Hezbollah, non rappresenta però un precedente isolato nell’uso di dispositivi di comunicazione come strumenti letali: ne è un esempio l’eliminazione, nel 1996, di Yahya Ayyash – figura chiave del programma di attentati suicidi di Hamas – tramite l’utilizzo di un telefono cellulare imbottito di esplosivo.
Il fronte cibernetico completa il quadro: da Stuxnet agli attacchi controgli impianti di Natanz e Isfahan, le operazioni hanno combinato sabotaggi fisici e informatici, spesso mascherati da incidenti interni.
Israele-Iran: con Rising Lion la soglia operativa è cambiata
L’operazione Rising Lion ha segnato una svolta qualitativa: da conflitto per procura a capacità d’ingaggio diretto sul territorio iraniano. Secondo fonti israeliane, l’offensiva è stata il risultato di un lungo processo di preparazione coordinato tra IDF, Mossad e industria della difesa.

L’attacco si è sviluppato su tre direttrici: infiltrazione preventiva di armi guidate nei pressi delle difese antiaeree; impiego di veicoli camuffati per il lancio di missili e droni; e attacchi simultanei da una base segreta di UAV nei pressi di Teheran contro piattaforme missilistiche strategiche. Il principale obiettivo è stato il complesso nucleare di Natanz, simbolo del programma atomico iraniano.
Parallelamente, sono stati colpiti centri radar, batterie antiaeree e figure chiave del sistema di comando, paralizzando temporaneamente le capacità difensive iraniane. L’elemento distintivo dell’operazione è l’integrazione tra intelligence, tecnologia e operazioni militari: un’azione ibrida capace di mantenere il fattore sorpresa, colpire in profondità e ridisegnare la soglia della deterrenza israeliana.
Rising Lion ha inoltre dimostrato che Israele è disposto a espandere le regole d’ingaggio, anche senza copertura diplomatica internazionale, colpendo le strutture ed infrastrutture strategiche per impedire che Teheran raggiunga capacità nucleari militari e paralizzando la catena di comando iraniana, neutralizzando esponenti della leadership politico-militare, la quale potrebbe diventare il target principale, in caso di ulteriore escalation.
La risposta di Teheran
L’Iran ha inizialmente reagito lanciando oltre cento droni, intercettati in gran parte dalle difese israeliane, ma ha anche attivato una campagna di disinformazione e propaganda. Secondo quanto riportato dai media statali, Teheran avrebbe ottenuto documenti strategici e sensibili israeliani attraverso un’operazione di spionaggio che ha coinvolto infiltrazioni e reclutamento di agenti.
Tuttavia, analisti israeliani mettono in dubbio l’effettiva portata di questa operazione di replica all’azione del Mossad del 2018. Successivamente, la risposta iraniana si è poi concretizzata in una vera e propria escalation del conflitto: tra i 200 ed i 300 missili, suddivisi in diverse ondate e diretti verso lo spazio aereo israeliano.
Un attacco senza precedenti, rivolto verso tutto il territorio israeliano, dal Tel Aviv a Gerusalemme. Riuscendo a fare breccia, seppur in parte, tra gli intercettori della difesa aerea israeliana, attiva con supporto statunitense, e costringendo la popolazione civile a rifugiarsi all’interno dei bunker, l’attacco ha colpito anche l’area di HaKirya, sede della più grande base delle forze di difesa israeliane.
Israele-Iran: prospettive e rischi
L’azione di Tel Aviv e la rappresaglia di Teheran hanno minato le rispettive percezioni di invulnerabilità dei propri sistemi difensivi, sollevando interrogativi sull’evoluzione del confronto e sulla potenzialità d’innesco di un effetto domino tra le due parti. Se il rischio di un’escalation regionale o di immediate risposte asimmetriche rappresentava, fino a poche ore fa, solamente uno scenario possibile, la risposta iraniana ne ha mostrato la concretizzazione. In attesa di nuovi sviluppi, Rising Lion segna l’ingresso in una nuova fase del conflitto: una guerra regionale, moderna e ad alta intensità, che rischia di acquisire un eco internazionale e nucleare.
Fonte: www.geopolitica.info