Intelligenza artificiale, una rincorsa verso l’ignoto

La fascinazione per il futuro non deve prenderci la mano e portarci verso esiti nefasti e irreversibili. Anche in questo contesto tecnologico alcuni scienziati hanno sottoscritto una lettera indirizzata al Center for al Safety in cui mettono in guardia da potenziali distorsioni applicative delle applicazioni che loro stessi hanno creato


La fascinazione del futuro ha sempre esercitato una forza di attrazione irresistibile per la scienza, non solo per gli addetti ai lavori ma anche nel campo dell’immaginazione descrittiva che si ritrova ad esempio nelle narrazioni distopiche di George Orwell, Stanley Kubrick, Isaac Asimov e Aldous Huxley. Possiamo ora affermare che le nuove tecnologie e la digitalizzazione pervasiva stanno imprimendo una vistosa accelerazione ai processi di innovazione che cambiano in modo radicale la nostra vita, spesso in modo ubiquitario e imprevedibile, tanto da modificare nell’immaginario collettivo le stesse nozioni di spazio e di tempo. Si tratta di una deriva inarrestabile ma osservandola e riflettendo sulle conseguenze e gli effetti non sempre potenzialmente positivi si è indotti a più di una riflessione che investe nella sua interezza lo stato attuale del mondo.

Da anni seguiamo con apprensione i moniti delle organizzazioni internazionali che si occupano di sostenibilità ambientale, a cominciare dai Rapporti dell’ONU e dell’Ipbes (la piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici) l’ultimo dei quali ha drammaticamente annunciato la possibilità della sesta estinzione della vita sulla Terra, la prima per mano dell’uomo. Basti ricordare gli studi del biologo Edward Osborne Wilson che faceva due conti sulla crescita demografica: abbiamo superato gli 8 miliardi di umani ma a 6 miliardi e mezzo era già suonato il campanello della sostenibilità ambientale.

Pandemia e guerra (guerre) ci hanno proposto altri temi di grande criticità che sommano il loro peso sul grande piano inclinato che sta facendo scivolare l’umanità e la vita stessa verso il baratro. Inquinamento, disboscamenti, innalzamento dei mari e delle temperature, scioglimento dei ghiacciai in montagna e ai Poli, dissesto idrogeologico, infrastrutture pervasive, cementificazione selvaggia, sono solo alcuni macro-temi di cui ci occupiamo o sentiamo parlare con crescente intensità e allarmismo. Per questo specialmente in Europa – (teniamo presente questo tema in vista delle elezioni del prossimo anno) – ha preso l’abbrivio una campagna di progettazione nel contesto del Green Deal, quale manifesto della Grande Transizione digitale, energetica ed ecologica partendo dal Recovery plan e fino al PNRR, per un rilancio su nuovi paradigmi degli standard di sostenibilità e qualità della vita.

Le nuove tecnologie e le potenzialità scientifiche sono una componente essenziale di ogni prospettiva di crescita, mentre l’innovazione è a un tempo metodo e finalità di ogni auspicabile percorso di miglioramento. Tutti tocchiamo con mano l’incidenza di questi fattori nella nostra vita. Ci sono potenzialità evolutive enormi ma anche rischi impliciti ad esse connessi. Il tema del momento riguarda le applicazioni dell’I.A. e la via immersiva nel metaverso la cui frequentazione potrebbe facilitare e implementare la dimensione spazio-temporale della conoscenza, lasciando aperta la porta della riconversione dal mondo virtuale a quello reale. La platea dei potenziali fruitori dell’I.A. e del metaverso ingloba di fatto l’intera umanità, a livello di fruizione individuale e comunicativa.

Tuttavia dopo lo slancio iniziale viviamo una fase di ripensamento: ha cominciato Geoffry Hinton che si è dimesso da Google paventando rischi incalcolabili dall’abuso dell’I.A. per il futuro dell’uomo, cui ha fatto seguito Elon Musk che- nel presentare il progetto Neuralink che prevede l’impianto cerebrale di microchip con finalità terapeutiche e medicali- non si è sottratto al dubbio che un utilizzo distorto e concentrato nelle mani di persone senza scrupoli di questa epocale innovazione (per la prima volta si entra nel cervello con la tecnologia) possa alterare il pensiero e strumentalizzare la mente umana per finalità non etiche. Chiedendo una moratoria di almeno 6 mesi per riflettere sullo sviluppo di modelli più potenti del GPT-4 di OpenAI, al fine di elaborare protocolli di sicurezza condivisi.

La fascinazione per il futuro non deve prenderci la mano e portarci verso esiti nefasti e irreversibili. Anche in questo contesto tecnologico – segnatamente in tema di I.A.- alcuni scienziati come Sam Altman a.d. di Opena A1 che ha creato ChatGPT, Yoshua Bengio uno dei padri dell’I.A, Demis Assabis a.d di Google DeepMind, Yann LeCunn docente alla NYU, Jaan Tallinn co-fondatore di Skype e altri 350 colleghi hanno sottoscritto una lettera indirizzata al Center for al Safety in cui mettono in guardia da potenziali distorsioni applicative delle applicazioni che loro stessi hanno creato.
“Mitigare il rischio di estinzione derivante dall’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale insieme ad altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare”. Questo sta scritto nel testo condiviso e per noi che siamo spettatori affacciati al balcone ad osservare gli sviluppi imprevedibili delle evoluzioni applicative di I.A. più azzardate ed iperboliche è una rassicurazione e un campanello d’allarme. Qualcosa potrebbe sfuggire di mano e l’uomo-robot diventare l’artefice del “cupio dissolvi”. Detto da “loro” … “l’I.A. potrebbe portare all’estinzione dell’umanità”. Dovremmo essere noi, allora, usando il nostro senso critico (finchè ne possiamo disporre) a chiedere una moratoria su I.A., metaverso e digitalizzazione pervasiva, sottraendoci ad una forsennata rincorsa verso l’ignoto.

(da mentepolitica.it – © 9Colonne)

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