Tutto quello vorreste sapere sui referendum e non osate chiedere: il vademecum a colori per non arrivare impreparati alle urne
Ci siamo: che referendum abrogativi siano. Il prossimo sarà il fine settimana per il quale è stato detto tutto e il contrario di tutto. In questa grande confusione a chi dare retta tra chi dice di non andare ai seggi elettorali, chi di andare ma non ritirare le schede – perché ci sono anche un po’ di ballottaggi sparsi, e dunque meglio non disertare le urne -, chi di andare ma ritirarne solo alcune, chi di andare e votare no, chi di votare sì, ni, forse?
A completamento di quanto abbiamo già trattato nelle scorse settimane, ecco un vademecum per chi deve ancora decidere cosa fare.
dove votare
Partiamo dal dove. Per votare è necessario presentarsi nel seggio del Comune di residenza con un documento di identificazione in corso di validità (carta d’identità, passaporto, patente, ricevuta della richiesta di carta d’identità elettronica), accompagnato dalla tessera elettorale: su quella è presente il numero di seggio e l’indirizzo dove esercitare (o non esercitare) il diritto al voto. Se non si trova più la tessera, basta andare in Municipio, anche sabato, domenica o lunedì, per avere un duplicato. Ovviamente sempre con un documento di riconoscimento.
Si può votare anche dal domicilio temporaneo e all’estero.
quando votare
Ormai dovrebbe essere chiaro: i seggi saranno aperti dalle 7 alle 23 di domenica 8 giugno e dalle 7 alle 15 di lunedì 9 giugno.
chi può votare
Tutti i cittadini italiani maggiorenni. In tre modalità differenti.
La classica: nella sezione assegnata del proprio Comune di residenza. Oppure in quella assegnata del proprio Comune di domicilio temporaneo, con comprovate ragioni (lavoro, cure mediche o studio), se è stata fatta domanda apposita entro il 5 maggio. Infine si può votare anche all’estero (in una sezione o per corrispondenza) se si è iscritti all’Aire.
come votare
Sono referendum abrogativi, servono dunque ad abrogare, a eliminare una norma già esistente. Quindi se la norma non piace, e la si vuole eliminare, si vota a favore della proposta abrogativa, tracciando un segno sul Sì. Se invece la norma piace, e si vuole mantenere così come è, sarà necessario tracciare un segno sul No.

perché votare
Qui si parla di quorum. Di esercizio di un diritto. E della possibilità di farlo esercitare anche a chi non la pensa come noi.
Vero, varata la legge, trovato l’inganno. E quindi, visto che un referendum abrogativo è valido se si è recato alle urne il 50% più uno degli elettori, il fronte del No, spesso incapace di vincere, gioca sulla mancanza del quorum per poter arrivare ad un nulla di fatto.
Se il fronte del Sì vincesse con una percentuale schiacciante, infatti, ma con un’affluenza al 49%, la votazione sarebbe invalida. E ricordate quali sono solitamente le percentuali di cittadini che pensano necessario andare a votare? L’affluenza per le Europee del 2024 non avrebbe raggiunto il quorum: i nostri eurodeputati sono a Bruxelles e Strasburgo anche se ha votato solo il 49,69%.
cosa votare
All’elettore saranno consegnate cinque schede, una per ogni quesito. Cinque quesiti, cinque colori. Eccoli.
1. scheda verde – jobs act

Chiede di abolire la norma che vieta il reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente assunti dopo il 7 marzo 2015, prevedendo solo un indennizzo tra i 6 e i 36 mesi di stipendio. Si vota quindi per l’abrogazione del contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act, che prevede un’indennità economica (da 6 a 36 mensilità) in caso di licenziamento illegittimo, limitando la reintegrazione a casi specifici.
L’abrogazione garantirebbe maggiore tutela per i lavoratori, reintegrazione come deterrente più efficace contro licenziamenti arbitrari, superamento della ‘monetizzazione’ del licenziamento.
Se vince il Sì torna l’articolo 18 sull’obbligo di riassunzione per i licenziamenti giudicati illegittimi.
Chiedono il Sì M5S, Pd, Avs
Se vince il No o non si raggiunge il quorum resta la legge di adesso: tutele crescenti e indennizzo al posto della riassunzione.
Chiedono il No +Europa, Azione, Italia Viva, Noi Moderati
Chiedono l’astensione FdI, Lega, Forza Italia
2. scheda arancione – licenziamenti

Propone l’eliminazione del limite massimo di 6 mesi di stipendio di risarcimento per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, fino a 15 dipendenti. Attualmente l’indennità è calcolata in base all’anzianità di servizio, ma non può superare le 6 mensilità.
Con l’abrogazione il giudice del lavoro avrà piena discrezionalità nel determinare l’importo del risarcimento, basandosi su vari criteri. Il che permetterebbe l’eliminazione di disparità di trattamento rispetto ai lavoratori di aziende più grandi, e garantirebbe un risarcimento più equo e adeguato al danno subito.
I convinti del no o gli astensionisti sottolineano le proprie preoccupazioni per la sostenibilità economica delle piccole imprese e per il rischio di richieste di risarcimento sproporzionate.
Se vince il Sì cade il limite di 6 mensilità per i licenziati ingiustamente: sarà un giudice a decidere il valore dell’indennità.
Chiedono il Sì M5S, Pd, Avs
Se vince il No o non si raggiunge il quorum resta la legge di adesso: resta il limite stabilito per legge, di massimo 6 mesi di stipendio.
Chiedono il No +Europa, Azione, Noi Moderati
Chiedono l’astensione FdI, Lega, Forza Italia
Per la libertà di voto Italia Viva
3. scheda grigia – contratti a termine

Propone l’eliminazione della possibilità di usare contratti a termine fino a 12 mesi senza una ragione specifica che spieghi il perché del lavoro temporaneo. L’abrogazione della norma attuale permetterebbe la reintroduzione dell’obbligo di indicare un motivo specifico per la stipulazione di qualsiasi contratto a tempo determinato, sin dal primo giorno. Attualmente, per i primi 12 mesi, la causale non è richiesta.
Il contratto a termine tornerebbe ad essere un’eccezione, da motivare puntualmente. L’abrogazione delle norme in vigore contrasterebbe la precarietà, limiterebbe l’abuso dei contratti a termine, incentiverebbe assunzioni più stabili, tutelando i lavoratori, soprattutto i nuovi assunti.
Chi sostiene il no e spera rimangano le attuali norme vuole mantenere la flessibilità per le imprese per rispondere a esigenze temporanee.
Se vince il Sì i datori di lavoro dovranno indicare una causale per i contratti a tempo determinato.
Chiedono il Sì M5S, Pd, Avs
Se vince il No o non si raggiunge il quorum resta l’attuale possibilità di stipulare contratti a tempo determinato per 12 mesi anche senza indicare motivazioni plausibili.
Chiedono il No +Europa, Azione, Italia Viva, Noi Moderati
Chiedono l’astensione FdI, Lega, Forza Italia
4. scheda rosso rubino – subappalti, sicurezza sul lavoro

Propone l’abolizione della norma che rende solidalmente responsabili committente, appaltatore e subappaltatori per infortuni o malattie sul lavoro dei dipendenti non coperti da Inail o Ipsema. Responsabilità solidale negli appalti è un modo meno chiaro per dire sicurezza sul lavoro: attualmente il committente non è responsabile per infortuni o malattie professionali derivanti da “rischi specifici propri” dell’attività dell’impresa appaltatrice. Il committente, con il ripristino della normativa precedente, tornerebbe ad essere pienamente responsabile, in solido, con l’appaltatore anche per questi rischi.
Chiede di votare Sì chi è per una maggiore sicurezza sul lavoro: l’abrogazione della norma sarebbe un incentivo per i committenti a scegliere appaltatori più scrupolosi e a vigilare sulla sicurezza. Inoltre si arriverebbe ad un allineamento con la responsabilità per retribuzioni e contributi.
Chiede di votare No chi teme, con il ripristino delle precedenti norme, di paralizzare committenti e filiere produttive.
Se vince il Sì il committente ritorna ad essere responsabile dei rischi nell’attività dell’appaltatore.
Chiedono il Sì M5S, Pd, Avs
Se vince il No o non si raggiunge il quorum resta la legge di adesso: i committenti continuano a essere esclusi da ogni responsabilità.
Chiedono il No +Europa, Azione, Noi Moderati
Chiedono l’astensione FdI, Lega, Forza Italia
Per la libertà di voto Italia Viva
5. scheda gialla – cittadinanza

Il quesito desidera eliminare la differenza tra cittadini Ue ed extracomunitari nelle tempistiche per richiedere la cittadinanza (nel primo caso sono richiesti 5 anni, nel secondo 10; qualora vincesse il sì sarebbero 5 anni per tutti).
Chi sostiene il Sì vuole una migliore integrazione, vuole facilitare l’inclusione di residenti di lungo periodo e avvicinarsi agli standard di altri grandi Paesi della Ue. In Germania e in Francia, ad esempio, bastano cinque anni per ottenere la cittadinanza. L’abrogazione dell’attuale norma sarebbe anche di contrasto allo spopolamento, e garantirebbe maggior sostegno al welfare.
Chiede di votare No o spera nel non raggiungimento del quorum chi teme una “cittadinanza facile” ed una potenziale diluizione dell’identità culturale italiana.
Se vince il Sì si porterebbero a 5 anni i termini per chiedere la cittadinanza: più di 5 milioni di stranieri che risiedono e lavorano regolarmente in Italia potrebbero farlo subito. Con ottime ricadute sociali.
Chiedono il Sì Italia Viva, Pd, Avs, +Europa, Azione
Se vince il No o non si raggiunge il quorum l’obbligo di residenza per poter ottenere la cittadinanza resta a 10 anni.
Chiedono il No Noi Moderati
Chiedono l’astensione FdI, Lega, Forza Italia
Per la libertà di voto M5S