Il ponte ci può rendere player competitivi nel Mediterraneo

La rigenerazione urbana sostenibile nell’Area Metropolitana dello Stretto: le città, il ponte e i porti nel Mediterraneo che verrà


Di sostenibilità se ne parla dagli anni Settanta, forse non se ne è parlato a livello culturale in modo diffuso e pervasivo come oggi. Fase in cui si è acquisita una consapevolezza e responsabilità anche a seguito di eventi estremi e risposte di politica europea e nazionale. Ma, rispetto a questo concetto e sue declinazioni e articolazioni e al tema del sistema infrastrutturale e territoriale, in particolare al Sud anche a fronte dei temi del Pnrr – come il superamento del divario territoriale, al Ponte e pertanto all’Area dello Stretto, devo evidenziare due questioni in merito a nuove condizioni emergenti che devono far riflettere. 

Perché oggi lo Stretto, la Sicilia e il canale di Sicilia sono al centro di un progetto mediterraneo molto sfidante.

La prima domanda è: Che cosa è cambiato?

Infatti, oltre a quanto detto, si è presa coscienza collettiva che la mobilità, di merci e persone, è ormai un diritto sociale nella logica di rete e di flussi, un valore, un asset, e questa affermazione la si può anche leggere in vari documenti/direttive, norme, non solo dell’Unione Europea ma anche in documenti di programmazione elaborati dal nostro paese. Quindi la prima condizione – nell’analisi dell’Area dello Stretto e del nuovo sistema infrastrutturale – è questa: il posizionamento del Paese nell’euromediterraneo e le connessioni mare/terra in una logica economica e di qualità della vita. Connessioni in termini infrastrutturali materiali e immateriali per la costruzione di una visione nell’euromediterraneo che verrà.
L’altra condizione, in vista della necessaria costruzione di una visione complessa – quindi la necessaria costruzione di una politica, un piano e una programmazione – è la lettura dinamica in chiave geopolitica (che comunque da sola non basta) nel dialogo progettuale con gli investimenti in infrastrutture.

lo scenario euromediterraneo è cambiato

Nelle more delle tessiture e disfacimento di “soluzioni” per questo nodo irrisolto del Paese e del Sud, è cambiato lo scenario euro-mediterraneo, e non è cambiato soltanto rispetto alle nuove rotte artiche, modificando alcuni flussi del sistema portuale e connessioni via terra, o all’emigrazione, ma è cambiato proprio rispetto a eventi geopolitici anche molto recenti, mi riferisco certo al Covid, ma alla guerra in Ucraina (già in parte era accaduto con la BREXIT) e ovviamente, a nuovi conseguenti “posizionamenti” strategici, tra cui anche quello della Turchia, nel nuovo scacchiere mediterraneo e di una rinnovata NATO.

Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che noi stiamo faticosamente conquistando, o meglio abbiamo l’opportunità di costruire una posizione di player nel Mediterraneo in termini competitivi, nel sistema dei flussi, anche rispetto all’energia (di cui la Sicilia ne è la porta principale). Posizione di cui per molto tempo ci siamo dimenticati di giocare o meglio abbiamo subito scelte politiche e non le abbiamo determinate.

Perché è avvenuto? Forse per non avere un piano strategico trasversale alle altalenanti forze di governo? Forse perché l’Europa ha sposato una dipendenza Asianomica, invece che verso Africa? Forse…

il nuovo corridoio mar baltico – mar egeo – mar nero

Ciò che è accaduto nel luglio del 2022 lo dimostra. Infatti guarda caso – oltre alle modifiche e indicazioni date al pacchetto reti TEN-T del 2021 (green deal europeo in coerenza con NGUE e altro) nel 2022 c’è stata un’ultima modifica delle reti TEN-T che ha rafforzato i Balcani. In particolare dal nuovo corridoio “Mar Baltico-Mar Egeo-Mar Nero” che connette il porto greco del Pireo e il porto di Limassol a Cipro con i porti baltici di Svezia, Finlandia e Danimarca e con quelli di Polonia (Danzica) ed anseatici (Amburgo, Kiel).

Una estensione del corridoio che rafforza i porti egeo-turchi – mar Nero e Baltico, in competizione con lo Scan Med, penalizzando la portualità del quadrante occidentale del mediterraneo e in particolare la nostra. Ben si capisce che ogni rallentamento sullo ScanMed favorisce il rafforzamento dell’altro che gioca sul fronte Suez e medio orientale. Inoltre sposta il baricentro economico verso est favorendo lo sviluppo dei porti della Turchia nel Mar Nero e di quelli sul mare medio orientale (basta pensare alla gestione dei flussi dei prodotti agro alimentari, chimici ed energetici già serviti dai porti e dagli armatori greco-turchi).
L’unica contropartita al nostro Paese riguarda il prolungamento da Ravenna a Bari del corridoio che collega il mare Adriatico e il mare Baltico. Ovviamente con una Albania che mira ad entrare in Europa. Quindi dovrebbe prendere corpo l’idea di quel corridoio 8 con l’inserimento da parte dell’Italia dell’asse Bologna-Bari-Brindisi -Durazzo-Varana per chiudere il Baltico-Adriatico a vantaggio, questa volta, del nostro Paese. Ma ancora così non è.

In questo quadro oltre a Suez (il raddoppio del Canale di Suez ha portato alla crescita di Porto Said non solo come terminal contenitori, ma anche come free zone industriale e hub energetico. A 19 Km a Sud della città è in progettazione un tunnel autostradale che attraversa il canale), il ruolo del canale di Sicilia è fondamentale. I cavi sottomarini transcontinentali della Rete, possibile bersaglio di guerra, passano in quelle acque.

Sul fronte del Mediterraneo occidentale Algeciras oggi è il diretto competitore di Tanger Med, in relazione alla produzione industriale della propria ZES, e questa competizione si sta trasformando anche in una efficace integrazione: le merci prodotte in Marocco raggiungono le aree di consumo della Spagna velocemente

la visione europea verso est

La visione europea “verso Est” parte da lontano. Ovviamente a parte la giustificazione dell’allargamento ai paesi dell’ est della stessa UE. Uno degli effetti delle varie operazioni, neanche molto attenzionate, fatte dal governo Monti – oltre alla caducazione del “terminale” dello Scan Med e l’annullamento delle visioni del MIT-DICOTER  (1 e 2 e corridoio meridiano e tutte le azioni della programmazione di quegli anni), è stato quello, ad esempio, dell’impoverimento della portualità e nautica da diporto del nostro paese e del rafforzamento dei porti della Croazia (gestiti dalla Germania) che poi casualmente per condizioni contestuali e finanziarie  si sia insediata nella più complessa questione della portualità della Grecia (Pireo) con la Cina. Ciò ha giocato a rafforzare quella liaison che già la Germania aveva con la Cina (si veda la ferrovia Choungcing-Duisburg del 2010 e le delocalizzazioni effettuate dalla stessa Germania) e soltanto successivamente per casualità  di eventi ne abbiamo preso atto in termini diffusi di informazione.

Perché il Mediterraneo è così importante in questa vicenda?

1% di mare produce 15% del pil mondiale

Perché il Mediterraneo è un 1% di mare che produce il 15% di PIL mondiale.  Perchè implica il 12% di traffico merci a fronte del 90% mondiale via mare. Ormai è definito un MedioOceano, scacchiere tra USA – Cina- Russia, con interessi Russo-Turchi, fibrillazione mediorientale e la grande Africa, con la sua “Schengen”, da conquistare come mercato. Non può sicuramente bastare aggredire questo mercato solo da SUEZ o meglio solo sulla fascia orientale, visto che la Cina è già presente in Africa e russi della Wagner hanno basi in Tripolitania e Cirenaica.

Ritornando al nostro ScanMed, il cui nodo Stretto è uno nodo nazionale e irrisolto, come può entrare nella dinamica geopolitica e economica?

Ricapitoliamo, anche se alcuni dinamismi sono ormai evidenti. Noi dobbiamo costruire quel sistema territoriale proattivo e infrastrutturale e  strutturarlo, anche rispetto al corridoi balcanico che recentemente si è rafforzato e quindi vede il ruolo forte della Turchia e l’Egeo, (il corridoio a cui mi riferisco arriva ai paesi baltici anche ovviamente in “sinergia” alle nuove entrate Nato), e , come abbiamo detto , è il diretto competitor dello Scandinavo-Mediterraneo. Ricordiamo anche il cuscinetto/stato russo (Kalingrad) che si affaccia sul Baltico  e il corridoio strategico di Sualki che con i suoi 100 Km separa la Polonia, Lituania e Bielorussia. Anche questo un punto nevralgico.

A questo punto è chiaro che la velocizzazione del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, ma con una logica strategica,  va giocata almeno su tre piani politici e spaziali (mediterraneo, europeo, nazionale/meridionale), e in diversi piani temporali (visione di lungo periodo, medio e breve) perché c’è, nonostante la difficoltà programmatoria in un contesto così dinamico, attraverso questo progetto un posizionamento del nostro paese nello scacchiere Mediterraneo in termini geopolitici, ma fondamentalmente energetici-e commerciali- e di competizione portuale nel nuovo sistema commerciale e demografico degli anni a venire.

le politiche del mare vanno verso l’africa

Non a caso l’Italia sta implementando le politiche del mare (Piano del Mare /pianificazione integrata- CIPOM), e ovviamente abbiamo un elemento estremamente forte strategicamente che riguarda il sistema della portualità, e delle connessioni (ZES, logistica), perché ricordiamoci che le reti TEN-T (di cui il Ponte/ScanMed ne è parte) connettono i porti con l’ultimo miglio, le città metropolitane e gli aeroporti, interporti, nella grande rete dello spazio europeo. Quindi rappresentano uno spazio di innovazione e di reti materiali e immateriali (energia e digitale).

In tal senso connettono l’Europa con il suo finister: la Sicilia con l’Africa, il cui mercato dominerà il prossimo secolo in termini di risorse e commercio. L’Africa sarà la nuova area di libera circolazione di merci e persone maggiore al mondo con 1,2 miliardi di persone e un PIL aggregato di oltre 2 miliardi di dollari e cambierà i ruoli di forza nel commercio.

Quindi questo è un altro elemento estremamente importante nel nostro discorso di costruzione di visione. Poi abbiamo ovviamente tutte quelle occasioni di mediazione internazionale e/o strettamente nazionale  anche di Pianificazione dello Spazio Marittimo (direttiva comunitaria del 2014 recepita Dlgs n.201/2016), alla quale ci stiamo adeguando soltanto ora e siamo già in procedura di infrazione), che vedono ovviamente nello scacchiere del Mediterraneo delle strategie da mettere in campo anche per contrastare non solo il ruolo della Turchia che non a caso, in virtù di questa forza acquisita e la politica Patria Blu, si è proposta anche come intermediaria in alcune azioni di pace, ma anche di guardare al Mediterraneo in modo diverso.

Ne consegue che è cambiata la dimensione geopolitica ed economica, ma è cambiata perché è crollata quella visione subita che reggeva fino al pre covid; ma è cambiata anche perché il grande mercato da conquistare è ormai l’Africa e non è più la dimensione asiatica, la cosiddetta Asianomics, che ha gestito i nostri rapporti e le strategie euro mediterranee, inclusa la Via della Seta.

Cina-Russia e Stati Uniti, questo è lo scacchiere che il Mediterraneo definisce, e in questo si gioca il ruolo che l’Italia e il sud hanno, della porta per l’Energia che rappresenta la Sicilia.

La dimensione è cercare la connessione terra-mare e ovviamente il sistema della logistica, della portualità o il sistema delle aree metropolitane e le attività produttive, dell’energia e dell’innovazione giocano in questo riposizionamento a favore del nostro paese, per cui il sistema di attraversamento stabile, lo voglio chiamare così perché chiamandolo Ponte focalizzo la dimensione progettuale di un’opera eccezionale che rappresenta un grande salto tecnologico per il nostro paese a livello  mondiale a cui tutti guardano con grandissimo interesse, salda l’ultimo tassello di un sistema molto più ampio. Non è una questione locale, anche se le partite più vistose si giocano qui.

ridisegnare il paese partendo dallo stretto

Sì, voglio parlare in questi termini perché questa è l’occasione del ridisegno di tutto il Paese, quindi bisogna pensare perlomeno a tre livelli: quello strategico della visione Europea Mediterranea, quella del disegno del nostro Paese, del Sud e dell’Area vasta dello Stretto che andrà ad essere disegnata in termini proprio urbanistici dal porto di Gioia Tauro a Palermo e poi l’area delle nostre città dello stretto – Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. Con un sistema urbano e infrastrutturale di connessione di alta capacità/AV, mobilità, sistema stradale e ferroviario, ma anche il sistema della portualità- penso a Gioia Tauro-Augusta, al sistema della portualità dello Stretto, la dimensione di Crotone quindi l’ammagliamento territoriale che producono le infrastrutture, considerate investimenti intergenerazionali e resilienti. Quindi penso anche alle ZES, penso ovviamente al ruolo della logistica, della logistica integrata (che pesano sul PIL del Paese), il ruolo delle nuove imprese, della ricerca e dell’innovazione, un HUB innovativo, Lo Stretto, al centro del mediterraneo, pulsante per cultura e tessitura di nuove metriche di progetto rigenerativo (abbiamo fatto anche una Biennale dello Stretto!).

Insomma potrei dire tanto ovviamente esplicitando un disegno in cui vivono in continuità la Città Metropolitana di Reggio Calabria, la Città Metropolitana di Messina e la Città Metropolitana di Catania rappresentando il più grande sistema metropolitano del nostro paese. Portandosi dietro portualità, Università, ricchezza ambientale e culturale e la capacità di leadership e governance multilivello in un progetto trainante per l’Italia.
Questa è una visione urbanistica eccezionale, è un’opportunità che può essere la risposta di una visione di futuro, del Paese e del Sud, in particolare di quel Sud del Sud rappresentato da Calabria e Sicilia, tagliato dalla AV Napoli Bari. Vuol dire invertire il solito algoritmo statico del pensiero che ha ingessato questo luogo cospicuo, lo ha emarginato nel tempo.

Ma quando questa visione la caliamo sul territorio, ivi compresi tutti gli investimenti e non solo PNRR, la partita è sfidante. Bisogna riannodare con talento ribelle tutti i nodi irrisolti.
Non è questa la sede per entrare in dettaglio, ma il mio lavoro di 10 anni al ponte sullo Stretto, oltre alla conoscenza urbanistica per via dei piani redatti delle città dello Stretto e tanti altri progetti, mi porta a fare un’altra considerazione da urbanista. Desidero entrare nel merito del concetto di Rigenerazione Urbana e di come dovrebbe essere la risposta in termini di rigenerazione reale e non solo spaziale. Quando si parla di “rigenerazione” spesso i non addetti commettono alcune trasposizioni concettuali, dando alternativamente contenuti diversi al significato e significante assunto invece tecnicamente.

rigenerazione: molto più di una riqualificazione

La rigenerazione non è solo in termini spaziali una riqualificazione, ma contiene alcune condizioni necessarie che sono elementi cardine di un nuovo approccio urbanistico (“rigenerativo” appunto). Riguardano la dimensione della transizione ecologica e digitale, l’economia circolare, l’energia. Ecco perché in merito alla temporalità a cui ho fatto riferimento, devono essere sviluppate le visioni multitemporali. Perché la dimensione digitale è molto più veloce di quella ecologica e pertanto le risposte fornite nel progetto –  in termini di riequilibrio sostenibile   (assorbimento del debito ecologico/cambiamento climatico/energia/costi sociali)  che ribalta il nuovo welfare urbano  in termini di servizio ecosistemici e di ridisegno del paesaggio, del benessere, ma anche di smartness, AI, e nuovo umanesimo digitale-  è giocata su più azioni temporali e più segmenti temporali. Parliamo di una pianificazione multitemporale e multispaziale (inclusi gli spazi virtuali, quelli dell’innovazione e della ricerca, quelli delle riforme e dell’innovazione giuridica, quelli lunghi degli ecosistemi).

L’altro termine, nella cassetta degli attrezzi della rigenerazione, è il consumo di suolo. Quindi la qualità del consumo di suolo e ovviamente il riutilizzo dello stesso, la rottamazione, o chiamiamola come vogliamo, però ovviamente intendendo il suolo come risorsa.

L’altra questione, sempre implicita nella rigenerazione, riguarda proprio l’innovazione.
Quali sono gli elementi innovativi?
Perché se guardiamo a grandi esempi di rigenerazione urbana in Italia e all’estero, o pensiamo all’innovation district, al ruolo della ricerca, al ruolo delle università e quindi certamente collegate agli apparati di ricerca, alle start up (penso ai bandi sugli ecosistemi dell’innovazione e a quello vinto dalla mia università Mediterranea per es. ) anche questi potrebbero essere collegati sicuramente al Ponte, alla sicurezza, ai dati di controllo spaziale, allo studio sui materiali, studio ovviamente sulle nuove soluzioni e poi l’energia che l’elemento fondamentale.

Qui torna il richiamo a quella posizione che abbiamo nel Mediterraneo: è una posizione che guarda fortemente all’energia, ai nostri collegamenti di rete con le energie e con l’Africa ai nuovi corridoi africani ed è quella la partita che si gioca in futuro. Diventa la cornice per il Piano Mattei.

che tipo di player vogliamo essere?

Oggi dobbiamo scegliere “che tipo di player vogliamo essere” in questo mercato. Ecco che il ridisegno della città è un elemento connotante dell’Area dello Stretto rigenerata che deve avere delle proprie motivazioni profonde, ma deve essere parte di una visione del Paese tutto.

In primis da parte ovviamente delle istituzioni pubbliche locali, ma principalmente del Governo che, come dire, mettono in campo insieme una serie di azioni. Un processo democratico territoriale perché il ponte è, per tutti i motivi detti, un’opera territoriale. Ma devono mettere in campo la necessità di misure di accompagnamento da sviluppare negli anni. Non possono bastare le condizioni che vengono dette “misure compensative” per costruire un futuro così complesso e così dinamico. C’è bisogno di anno in anno che il DEF individui le misure di accompagnamento adeguate che seguono la direzione delle strategie che sviluppano questa visione che chiamiamo multidimensionale e avviare la costruzione di una governance complessa.

Ecco cos’è cambiato quindi? E’ cambiato il mondo e noi stiamo rincorrendo a passo lento un mondo che invece corre velocemente. Ed è a questo punto che capisco la preoccupazione degli amministratori locali, capisco le preoccupazioni dei cittadini, ma la preoccupazione da sola non determina il futuro.

Per dare una risposta ci vuole che si seguano gli accordi, ovvio. Ma gli accordi di servizio per tutte quelle opere che non sono finanziate, bisogna seguire una chiara direzione. Penso a una legge speciale per l’Area dello Stretto, che individui una serie di misure che riguardano la governance, che superano ovviamente l’Intesa dell’articolo 117 della Costituzione e invece indichino una serie di atti formali, a partire da accordi urbanistici e ricostruirei un hub innovativo e produttivo con le università, le imprese e grandi aziende.

Per quanto riguarda lo sblocco di alcune procedure in atto che possano essere individuate come elementi di rigenerazione, metterei insieme una visione di area vasta un piano o un Action Plan.

questa è la strada

Questa è la strada, non esistono misure di mitigazione, misure di compensazione sufficienti se non nella parte, come dire, di disegno minuto che viene elaborata con un progetto di dettaglio che deve dare risposta in termini di VIA/VINCA (ad es. la piantumazione per connessione ecologica, mentre oggi guardiamo i dati satellitari per vedere come reggono i servizi ecosistemi nell’abbattimento del debito ecologico col supporto di misure regolamentative e AI per le strategie predittive con il digital twin).

Opere di compensazione è un termine ormai obsoleto che fa parte della procedura ambientale. È un termine per opere di questo calibro e viene usato perché è facile da comprendere nella comunicazione per far capire che dai qualche cosa a compensazione di una “negatività” superandola. Aiuta molto nella contabilità socio-ambientale.

Io, cittadina dello Stretto, chiederei un disegno di legge con una visione che dia all’area dello Stretto e a tutto il sistema una serie di misure di accompagnamento tali da non correre quei rischi di incompletezza di sistema. La garanzia del fare, del voler fare e del saper fare.

Questo è il tema fondamentale.

Poi segue l’innovazione procedurale, perché è un problema innovare dal punto di vista tecnico, non parlo solo di urbanistica perché le leggi non riusciamo a rinnovarle per tempo ( basti pensare al fallimento delle commissioni per la riforma urbanistica). Credo però sull’azione speciale necessaria, a quella ci credo. Perché la volontà del territorio per un’opera territoriale è fondamentale per cambiare il nostro bias cognitivo che è quello che ha frenato lo sviluppo del Sud del nostro paese.

Oggi per uno strano Gioco Mediterraneo è il tempo del Kairòs.
Ma dobbiamo agire in fretta con visione e strategie: è tempo di cambiare rotta. A tutto Sud verso il Mediterraneo che verrà.


Articolo tratto dall’intervento dell’autrice al panel Nuove Prospettive di Rigenerazione urbana sostenibile nell’Area Metropolitana dello Stretto: il ponte e le Opere Connesse tenutosi a Taormina nell’ambito del convegno internazionale Thinking Green – il Salotto dell’economia sostenibile [7/9 luglio 2023].
Francesca Moraci
Francesca Moraci
Architetta, PhD in pianificazione territoriale, MS in Econocomic Policy and Planning, è professoressa ordinaria di urbanistica all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, è stata componente del Consiglio di amministrazione di ANAS spa e di Ferrovie dello Stato Italiane, ha partecipato a varie leggi di riforma e politiche urbane e infrastrutturali. Esperta del MIT per il Piano Strategico Nazionale per la Portualità e la Logistica e della Commissione per la riforma della legge urbanistica nazionale, standard urbanistici e Testo Unico dell’Edilizia, ha redatto studi, progetti e piani generali e di settore. Ha ricevuto vari premi e riconoscimenti per l’attività scientifica, professionale e manageriale, è autrice di numerosissime pubblicazioni.

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